
Il secondo decreto Coronavirus raddoppia di dimensioni rispetto alle attese. O, meglio, concentra in un unico intervento la dose di deficit aggiuntivo per contrastare l’emergenza che il governo aveva inizialmente ipotizzato di scandire in due fasi.
Questa scelta, arrivata dopo un confronto intenso fra Palazzo Chigi e Mef e all’interno della maggioranza, si traduce nei numeri finiti ieri sul tavolo del Consiglio dei ministri che ha dato l’ok ai due documenti chiave per aprire gli spazi di deficit: la relazione al Parlamento per consentire il ritocco dei saldi di finanza pubblica, su cui Camera e Senato dovranno votare mercoledì prossimo a maggioranza assoluta dei componenti, e la lettera alla Ue per la richiesta di escludere il deficit aggiuntivo dal saldo strutturale perché collegato all’esigenza di contrastare «eventi eccezionali». Il tutto, spiega la lettera a Bruxelles, nella speranza di «un pacchetto di stimoli fiscali coordinato» a livello europeo e concentrato sugli «obiettivi comuni di crescita sostenibile».
Da qui arrivano i due numeri chiave del nuovo provvedimento anticrisi, che a questo punto dovrebbe essere varato giovedì o venerdì della settimana prossima dopo il via libera parlamentare al nuovo disavanzo: il deficit in più vale 6,35 miliardi, cioè lo 0,35% del Pil, ma contatore del nuovo decreto arriverà a 7,5 miliardi. A spiegare la differenza fra quest’ultima cifra, tecnicamente il saldo netto da finanziare, e il deficit è prima di tutto la mole degli interventi che si concentreranno su pubblico impiego e ammortizzatori sociali. Sul primo punto, in cantiere c’è un pacchetto di assunzioni di medici e infermieri che potrebbe valere almeno mezzo miliardo, mentre cifre più consistenti sono attese sugli ammortizzatori sociali. E dal punto di vista del bilancio pubblico queste uscite si tramutano poi parzialmente in un’entrata, sotto forma di tasse e contributi. Di qui la distanza fra il saldo netto e l’indebitamento.
Lo 0,35% del Pil non comporta «nessun salto nel buio», ha assicurato il premier Conte in conferenza stampa, e «nella commissione Ue c’è la piena sensibilità a comprendere l’emergenza». Ma non è comunque poco. L’unica alternativa, cioè quella di «aumentare la pressione fiscale», finirebbe però per «aggravare i rischi per l’economia italiana», come scrive il ministro dell’Economia Gualtieri nella lettera spedita al vicepresidente della commissione Ue Valdis Dombrovskis e al commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni. Con gli arrotondamenti del caso, il deficit italiano di quest’anno arriverebbe al 2,5 per cento.
Il dato è però ancora provvisorio, spiega lo stesso Gualtieri nella lettera alla Ue. Perché ad abbassarlo potrebbe contribuire l’eredità positiva arrivata dal deficit 2019, chiuso all’1,6% invece del 2,2% preventivato, e dal fatto che l’andamento delle entrate dei primi due mesi avrebbe portato a un fabbisogno su base annua di 32 miliardi, il più basso registrato dal 2008. Ma su questo scenario pesano le ricadute economiche del Coronavirus, che saranno «serie» ma che per ora sono «difficili da calcolare», avverte sempre Gualtieri. La speranza del governo, per ora, è che le due spinte si compensino, fermando i saldi vicino al livello previsto oggi. Tanto è vero che per il momento il governo si impegna a mantenere il sentiero di riduzione del deficit già concordato, che prevede di fermarsi all’1,8% nel 2021 e all’1,4% nel 2022. I nuovi conti arriveranno presto, nel lavoro di preparazione del Def di aprile. Ma è già chiaro che l’impresa non è semplice: perché anche ipotizzando un disavanzo di quest’anno al 2,5% la sfida caricherebbe una correzione da 13 miliardi su una manovra già chiamata a gestire i 20,1 miliardi di clausole Iva e i due miliardi necessari a confermare il taglio al cuneo fiscale. Per tacere della riforma Irpef.
Garanzia statale per i finanziamenti alle imprese Subito sanità (fino a 1 miliardo), Cig in deroga e indennizzi ai settori.
Risorse per sanità, protezione civile e forze dell’ordine, ammortizzatori sociali e sostegno al reddito, indennizzi alle imprese, liquidità al sistema produttivo con la garanzia dello Stato su finanziamenti bancari. Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, in conferenza stampa a Palazzo Chigi, articola in quattro moduli il perimetro del primo decreto legge sull’emergenza economica, che arriverà in consiglio dei ministri la prossima settimana.
Sanità e cassa integrazione, in particolare, sono i capitoli che potrebbero assorbire la maggior parte delle risorse e che probabilmente spiegano anche lo sforzo dell’esecutivo di ampliare in extremis, fino a 7,5 miliardi, la dote originariamente prevista.
Per il settore sanitario ci sarà un intervento straordinario per l’assunzione di nuovi medici e infermieri e per aumentare le dotazioni di attrezzature e dispositivi necessari per fronteggiare l’emergenza. Il primo obiettivo è assumere con procedure accelerate circa 1.200 unità tra medici e infermieri. La Protezione civile ha richiesto una dote di almeno 400-500 milioni, che in queste ore al Tesoro valutano se innalzare fino a circa 1 miliardo.
Gualtieri ha poi ribadito quanto già detto nell’incontro alle parti sociali (si veda Il Sole 24 Ore di ieri), cioè l’intenzione di agire per la liquidità al sistema produttivo. Nel prossimo Dl, ha detto, ci saranno anche «misure per sostenere una moratoria dei crediti alle imprese da parte del sistema bancario». Si impiegherà la garanzia pubblica, mediante il Fondo di garanzia Pmi (il cui utilizzo è stato auspicato dall’Abi) o in alternativa con un nuovo fondo statale da introdurre nel decreto. Ad ogni modo l’intervento pubblico sembra indispensabile anche per evitare effetti negativi sui bilanci delle banche.
Tra le ipotesi di lavoro c’è anche l’utilizzo delle «misure terremoto», azionando la garanzia pubblica su finanziamenti agevolati che le banche potrebbero erogare a imprese e lavoratori autonomi utilizzando provvista della Cassa depositi e prestiti. In capo alle imprese resterebbe solo la quota capitale da rimborsare con tempistiche di favore. Per il terremoto del Centro Italia questo sistema si applicò a finanziamenti finalizzati al pagamento dei tributi, in questa occasione si ragionerebbe anche su mutui per l’attività ordinaria e quindi per il pagamento di fornitori o dipendenti.
Contemporaneamente si sta perfezionando l’estensione della validità dell’“Accordo per il credito” in corso tra Abi e organizzazioni imprenditoriali per la sospensione del pagamento della quota capitale delle rate dei finanziamenti e in alcuni casi per l’allungamento della scadenza. La platea dei finanziamenti interessati è attualmente limitata a quelli stipulati fino al 15 novembre 2018, l’Abi ha proposto un allungamento fino al 31 dicembre 2019. Ma è in corso un dialogo per un ulteriore prolungamento.
Nel decreto legge della prossima settimana ci saranno poi l’estensione generalizzata della cassa integrazione in deroga e un ampio impiego del Fondo di integrazione salariale, oltre ai voucher per il baby sitting e ai congedi parentali straordinari per i genitori costretti a restare a casa a causa della chiusura delle scuole.
Per quanto riguarda gli indennizzi alle imprese, per quelle che hanno subito danni diretti a causa delle ordinanze di contenimento dell’epidemia i rimborsi potranno essere integrali e automatici. Invece per le attività economiche penalizzate indirettamente, in tutta Italia, in alcuni settori come turismo, trasporti/logistica e fiere, l’intervento avverrebbe in due fasi: la prima con la sospensione dei versamenti di contributi e ritenute, la seconda mediante crediti di imposta commisurati alla perdita di fatturato che dovrà essere superiore al 25% rispetto al periodo corrispondente del 2019.
Gualtieri ha comunque ricordato che questo decreto non esaurirà «gli interventi necessari a rilanciare l’economia, per questo il governo è al lavoro per accelerare lo sblocco di investimenti e misure a sostegno della crescita». Si lavora anche sul fronte internazionale – ha aggiunto – «per definire una risposta concertata e coordinata a livello europeo che utilizzi anche la leva fiscale per rispondere in modo adeguato alle conseguenze economiche dell’emergenza».
In questi giorni si deciderà se introdurre già nel decreto della prossima settimana il rafforzamento degli incentivi fiscali del piano Impresa 4.0 o se inserirlo nel più ampio decreto per la crescita in programma per aprile-maggio. In quest’ultimo provvedimento il ministero dello Sviluppo economico punta a inserire, tra l’altro, le misure sull’ecobonus fino al 100%, sul «reshoring» delle aziende che hanno delocalizzato sui nuovi incentivi per la rottamazione auto e sul fondo per ridurre le bollette del gas.
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