
Ecco il Def: Pil -8%, deficit +10,4%, debito al 155%. Riunione di maggioranza notturna al Mef per chiudere il documento che dovrà approdare in Cdm. Per il decreto aprile 55 miliardi di soldi freschi, stop alle clausole Iva.
La parola fine viene scritta al Tesoro all’una e mezza di notte. Al termine di un vertice economico di maggioranza in videoconferenza. Eccoli i numeri del Documento di economia e finanza, il documento che certifica quanto il virus sta facendo e farà male all’economia italiana. Il Pil, l’indicatore per eccellenza dello stato di salute del Paese, sarà fissato quest’anno a -8 per cento. Il deficit schizza a +10,4 per cento. Il rapporto debito/Pil sale fino al 155 per cento. Questi numeri dicono che l’Italia si guarda allo specchio e scopre un volto deturpato. Così sfigurato che servono cerotti consistenti – leggere il deficit oltre il 10%, quindi soldi – per provare a curarlo. Il primo cerotto è pronto: 55 miliardi. È questo l’importo dello scostamento del deficit che sarà contenuto nella relazione che sarà votata al prossimo Consiglio dei ministri insieme al Def.
Arriva dopo un confronto lunghissimo la quadra che è stata messa nero su bianco. Però i numeri vanno sottoposti al check delle forze parlamentari di maggioranza prima del Cdm e per questo sarà necessario una riunione, questa volta politicoa, con i capi delegazione dei partiti. Si lavora per portare i documenti al tavolo di palazzo Chigi stasera, ma il Cdm potrebbe slittare a venerdì o sabato. Intanto c’è la sintesi sui numeri del Def e sullo scostamento del deficit, cioè sui soldi che finanzieranno il decreto di fine aprile, quindi cassa integrazione, bonus, voucher, risorse per le imprese, reddito di emergenza e via dicendo. Perché per tutta la giornata di mercoledì, i 5 stelle hanno alzato la posta in gioco, chiedendo più soldi. Il Cdm, fissato a sera, è stato rinviato a oggi. La sera tardi tutti collegati con via XX settembre per chiudere la partita perché il tempo è già scaduto. Il decreto di fine aprile rischia di diventare il decreto di maggio. Sicuramente i soldi arriveranno il prossimo mese, ma il tentativo del governo è di salvare almeno l’etichetta del decreto, approvandolo appunto in Cdm a fine mese, dopo aver ricevuto il via libera del Parlamento allo scostamento.
E così si ritrovano a discutere il titolare del Tesoro Roberto Gualtieri, la sua vice in quota 5 stelle Laura Castelli, l’altro viceministro dell’Economia Antonio Misiani, in quota dem. Ci sono anche il Ragioniere generale dello Stato, il direttore generale del debito pubblico, il capo della segreteria tecnica, il direttore generale delle Finanze e una serie di consulenti. Ma dato che ci deve essere il via libera di tutta la maggioranza anche Luigi Marattin per Italia Viva e Cecilia Guerra per Leu.
Al centro della riunione ci sono i numeri del Def, che a loro volta impattano sullo scostamento e soprattutto sulla composizione del decreto di aprile. Alcune decisioni, come la composizione dell’intervento per le imprese, vengono rimandate. Se ne discuterà ancora perché la quadra dentro la maggioranza ancora non c’è e questo è un altro elemento che spiega perché è necessario più tempo rispetto a quello previsto. Ma si decide comunque di gonfiare fino all’estremo massimo, cioè 55 miliardi, i soldi da inserire nel decreto. Un decreto che avrà 55 miliardi di risorse fresche, a cui si aggiungeranno quelli per le garanzie statali sui prestiti alle imprese, per il Fondo Cdp che servirà per proteggere e risollevare le aziende strategiche e per saldare circa 15-20 miliardi dei debiti che ha contratto la Pa.
Si decide anche di fermare le clausole di salvaguardia sull’Iva e sulle accise, quel macigno che dal 2011 grava su ogni manovra. Sono impegni miliardari che finiscono per sottrarre risorse ingenti alle necessità del Paese reale. Solo l’anno prossimo valgono qualcosa come 20,1 miliardi. Basta ricordare cosa è successo con l’ultima legge di bilancio, dove quasi tutti i soldi sono stati prosciugati proprio per le clausole. Lo stop verrà giù indicato nel Def. Ed è questo uno dei punti su cui si è discusso di più, con Gualtieri più scettico e invece i renziani convinti che il passo sia necessario. Alla fine si decide per lo stop. I numeri vengono inseriti nelle tabelle e si lavora per chiudere il testo. Verso il Consiglio dei ministri.
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