
A Kiev, così come nelle altre città lontane dal fronte, si vive con preoccupazione, si discute, ma per ora nulla è cambiato nella vita quotidiana. La paura però è lì, perché “guerra significa andare al fronte, significa sentire gli aerei. Attorno all’Ucraina c’è una grandissima concentrazione di armi, Kiev è a centinaia di chilometri dalla frontiera, ma può succedere di tutto”. Yuriy Lifansé è calmo quando parla, ma le sue parole non nascondono l’apprensione di un popolo che guarda ad una situazione che “cambia veramente ogni minuto, perché le decisioni dei politici la cambiano”. Lui è il responsabile della Comunità di Sant’Egidio nella capitale ucraina, ed è convinto che l’ultima parola non l’avranno le armi, anche se i russi “hanno costretto tutti a reagire” nei confronti di un conflitto che ha già provocato migliaia di morti e condotto ad una continua escalation di violenza. Al momento, ciò che Yura, come viene familiarmente chiamato, apprezza molto è anche il comportamento del governo ucraino che chiede “di restare tranquilli, di continuare a lavorare e di sperare nella pace e nella ricerca delle vie diplomatiche”. “Il problema – aggiunge – è che non si sa cosa succede e non ci si può preparare a niente”.
Una Giornata di preghiera e digiuno per la pace in Ucraina il prossimo mercoledì 2 marzo. A proporla “a credenti e non credenti”, è stato Papa Francesco, al termine dell’udienza di oggi, mercoledì 23 febbraio, in Aula Paolo VI.
“Vorrei appellarmi a tutti, credenti e non credenti”, ha detto il Santo Padre: “Gesù ci ha insegnato che all’insensatezza diabolica della violenza si risponde con le armi di Dio, con la preghiera e il digiuno. Invito tutti a fare il prossimo 2 marzo, Mercoledì delle Ceneri, una Giornata di digiuno per la pace. Incoraggio in modo speciale i credenti, perché in quel giorno si dedichino intensamente alla preghiera e al digiuno. La Regina della pace preservi il mondo dalla follia della guerra”.
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