Elezioni del 25 settembre – alcune notizie tecniche⬇️

Le date? I simboli al Viminale andranno presentati tra il 12 e il 14 agosto; le liste, le firme e i candidati per i collegi uninominali nelle Corti d’Appello tra il 21 e il 22 agosto.

Il 26 agosto è la data d’inizio ufficiale della ‘propaganda elettorale’, il mese di campagna elettorale prima del voto, con l’affissione dei manifesti elettorali.

Il 15 ottobre è la data entro la quale deve tenersi la prima seduta del nuovo Parlamento. A stabilirlo è sempre l’articolo 61 della Costituzione, in base al quale “la prima riunione” delle Camere “ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni”. Finché non sono riunite le nuove camere, prosegue l’articolo, “sono prorogati i poteri delle precedenti”.

Legge elettorale: si rivota con il Rosatellum
Dopo 4 anni abbondanti a parlare di riforma elettorale – a cui non credevano in molti nonostante il Rosatellum sia largamente considerato una pessima legge elettorale – la crisi di governo mette la parola fine al dibattito (che ricomincerà puntuale la sera del 25 settembre, un minuto dopo la chiusura delle urne).

Si voterà quindi con un sistema elettorale misto, sia per la Camera che per il Senato, con circa un terzo dei parlamentari eletto in collegi uninominali e due terzi in collegi plurinominali piccoli, con liste bloccate.

Rosatellum bis: cosa prevede la legge elettorale – La videoscheda
I collegi elettorali con il taglio dei parlamentari
Con il taglio dei parlamentari (da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori) deciso dalla riforma costituzionale approvata in questa legislatura, cambiano anche le mappe elettorali ma su questo non servirà un decreto, visto che è stato già adottato nel 2020.

Il decreto legislativo numero 177 del 23 dicembre del 2020 – “Determinazione dei collegi elettorali uninominali e plurinominali per l’elezione della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica” – prevede i ‘confini’ dei nuovi collegi: gli uninominali, quelli che vengono assegnati con il sistema maggioritario, sono 147 alla Camera e 74 al Senato mentre quelli plurinominali sono 245 alla Camera e 122 al Senato. A questi si aggiungono i 12 collegi riservati ai deputati e ai senatori eletti all’estero (8 alla camera e 4 al senato). 600
parlamentari in tutto.

Se si fosse votato nel 2023, a scadenza naturale della legislatura, il decreto avrebbe dovuto essere modificato: entro la fine dell’anno sarà infatti ‘bollinato’ l’ultimo censimento del 2021 e questo avrebbe comportato piccoli interventi sui collegi per aggiornarli ai nuovi dati della popolazione. Andando a votare nel 2022, però, il problema non si pone e il decreto verrà rivisto in occasione delle elezioni successive.

Ipotesi election day con le regionali in Lombardia, non nel Lazio
Con le politiche anticipate a settembre, salta il possibile accorpamento con le Regionali in Lombardia (dove le ultime elezioni si tennero il 4 marzo 2018 in election day con le politiche). Tra i corridoi di Palazzo Lombardia circola da giorni l’ipotesi che la maggioranza provochi la fine anticipata della legislatura anche in Lombardia.

Attilio Fontana potrebbe dimettersi o farlo i consiglieri regionali di maggioranza. E’ una opzione di cui si parla molto, anche se non è stata presa alcuna decisione allo stato. L’election day potrebbe risolvere due questioni: una di costi, perchè votare una volta sola e non due in quattro mesi porterebbe allo casse dello Stato un notevole risparmio, l’altra di affluenza perché le politiche farebbero da traino anche per le regionali.

Senza dimenticare l’agevolazione per la composizione delle liste elettorali: in Regione potrebbero essere candidati quei parlamentari che si decide di non candidare a Roma per il taglio degli eletti.

Nel Lazio non ci sarà un Election day: per le regionali è possibile una data a novembre.

I tempi sono molto stretti: meno di un mese per decidere con quale simbolo presentarsi alle elezioni, un mese per stilare le liste dei candidati dei collegi plurinominali e decidere i candidati dei collegi uninominali. In quest’ultimo caso la scelta è ancora più complicata in caso di alleanze con altre forze politiche, in quanto è necessario scegliere un solo candidato o una sola candidata.
L’obbligo che più impegna i partiti (non tutti: ci arriviamo) in vista delle elezioni è la raccolta delle firme da presentare insieme ai documenti per le liste. Il numero delle firme dipende dal numero di collegi plurinominali disegnati nella legge elettorale, diminuiti con il taglio del numero dei parlamentari.

Prima del 2020 a un partito o a una coalizione servivano almeno 1.500 firme, e non più di 2.000, per ognuno dei 63 collegi plurinominali della Camera, quindi complessivamente 94.500 firme per presentarsi in tutta Italia, e sempre almeno 1.500 firme per ognuno dei 33 collegi del Senato. Visto che si può firmare per entrambe le liste, solitamente la raccolta delle firme per il Senato non è un problema.
Dopo il referendum i collegi plurinominali alla Camera però sono solo 49: per presentarsi in tutta Italia servirebbero in teoria almeno 73.500 firme (ovviamente correttamente ripartite in modo da superare la soglia in ogni collegio). Ma con le elezioni in anticipo di oltre quattro mesi rispetto alla normale scadenza della legislatura, la legge prevede che il numero delle firme richieste sia dimezzato: devono essere almeno 750 invece che 1.500 per ogni collegio plurinominale. In definitiva, per presentarsi alle prossime elezioni in tutta Italia bisognerebbe raccogliere almeno 36.750 firme per la Camera e 19.500 per il Senato.
I partiti che si candidano in tutti i collegi sono i più grandi e organizzati, mentre i piccoli possono presentare liste anche soltanto nei collegi dove raccolgono abbastanza firme: questo complica però la possibilità di superare la soglia di sbarramento del 3% su base nazionale e quindi conquistare seggi.
A complicare le cose ci sono due requisiti: le firme devono essere autenticate, quindi raccolte in presenza di sindaci, amministratori locali o funzionari comunali, notai o avvocati, e devono essere di elettori o elettrici iscritti nelle liste elettorali dei comuni che fanno parte del collegio plurinominale in questione.
Insomma, non si può firmare per una lista lontano da dove si abita.

Con il decreto Elezioni, approvato a inizio maggio dal Consiglio dei ministri e discusso poi da Camera e Senato in vista delle elezioni amministrative, sono state introdotte alcune regole che limitano l’obbligo di raccolta firme per «le prime elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica successive alla data di entrata in vigore della legge», e che quindi valgono per le elezioni del 25 settembre.

In particolare l’articolo 6-bis definisce i motivi di esonero dalla raccolta delle firme. Possono presentare le candidature senza raccogliere le firme «i partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in almeno una delle due Camere al 31 dicembre 2021»: è il caso di Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, PD, Movimento 5 Stelle, Liberi e Uguali, Italia Viva e Coraggio Italia.

L’esonero è stato esteso anche ai partiti «che abbiano presentato candidature con proprio contrassegno alle ultime elezioni della Camera dei deputati o alle ultime elezioni dei membri del parlamento europeo spettanti all’Italia in almeno due terzi delle circoscrizioni e che abbiano ottenuto almeno un seggio assegnato in ragione proporzionale».
come +Europa-Centro Democratico, o che «abbiano concorso alla determinazione della cifra elettorale nazionale di coalizione avendo conseguito, sul piano nazionale, un numero di voti validi superiore all’1 per cento del totale», come Noi con l’Italia di Maurizio Lupi.

Rimangono molti partiti, dentro e fuori il parlamento, obbligati a raccogliere le firme: per esempio Insieme per il futuro, il gruppo guidato dal ministro Luigi Di Maio dopo la scissione dal Movimento 5 Stelle, Alternativa c’è, che raggruppa altri scissionisti del Movimento 5 Stelle molto critici nei confronti di Draghi, Italexit di Gianluigi Paragone, Potere al Popolo, Verdi Europei, Ancora Italia, il Partito Comunista di Marco Rizzo e Riconquistare l’Italia. Anche Azione di Carlo Calenda dovrebbe raccogliere le firme, a meno che non trovi un accordo con un altro gruppo, per esempio +Europa.

Andrea Colletti, parlamentare di Alternativa c’è, spiega: «per noi sarà molto difficile raccogliere le firme in pieno agosto». «Nella settimana di Ferragosto è impensabile depositare tutti i documenti, anche perché dipendiamo dal rilascio dei certificati elettorali da parte degli uffici pubblici, che in questo periodo dell’anno hanno personale ridotto».

Anche Massimiliano Iervolino, segretario dei Radicali italiani, sostiene che l’obbligo della raccolta delle firme sia un grosso problema in agosto. «Capiamo le urgenze e le scadenze ravvicinate, però la democrazia viene prima di tutto», dice. «Questo è un vulnus democratico che denunciamo da anni, tuttavia oggi però è ancora peggio di ieri, infatti una tornata elettorale così ravvicinata con l’estate di mezzo mette in serissima difficoltà chiunque voglia tentare di presentarsi». Per Italexit, invece, i partiti di maggioranza «hanno preparato una trappola per far sì che il partito di Gianluigi Paragone non partecipi alla tornata elettorale».

Vedremo come andrà a finire…..certo che raccogliere firme sul bagnasciuga insieme agli autenticatori sarà dura‼️

Ad maiora 👍

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