

Tra i fondatori della Democrazia Cristiana e suo rappresentante nella Costituente, ne divenne dapprima Segretario dal 1959 al 1964 e in seguito Presidente nel 1976; all’interno del partito aderí inizialmente alla corrente dorotea, ma negli anni 1960 assunse una posizione più indipendente formando la corrente morotea. Fu Ministro della giustizia (1955-1957), della Pubblica istruzione (1957-1959) e per quattro volte Ministro degli esteri (1969-1972 e 1973-1974) nei governi presieduti da Mariano Rumor ed Emilio Colombo. Cinque volte Presidente del Consiglio dei ministri, guidò governi di centro-sinistra “organico” tra il 1963 e il 1968 e tra il 1974 e il 1976 promuovendo la cosiddetta strategia dell’attenzione verso il Partito Comunista Italiano attraverso il compromesso storico[1] e determinò la nascita del Governo Andreotti III (definito il governo della non-sfiducia) in cui il PCI garantiva l’astensione.
Fu rapito dalle Brigate Rosse il 16 marzo 1978 mentre il Governo Andreotti IV (in cui veniva garantito l’appoggio esterno del PCI) si apprestava a ottenere il voto di fiducia da entrambi i rami del Parlamento; fu assassinato il 9 maggio successivo dopo 55 giorni di prigionia. Aldo Moro è uno dei quattro Presidenti del Consiglio dei Ministri ad aver ricoperto questa carica per un periodo cumulativo maggiore di cinque anni insieme ad Alcide De Gasperi, Giulio Andreotti e Silvio Berlusconi.
LE LETTERE DI ALDO
Rinchiuso dalle Brigate Rosse nella “prigione del popolo”, Aldo Moro scrisse moltissime lettere, indirizzate perlopiù ai familiari e alla dirigenza della Democrazia Cristiana, più precisamente a Benigno Zaccagnini, a Francesco Cossiga, a Giulio Andreotti, a Riccardo Misasi e ad altri; oltre che al capo socialista Bettino Craxi, l’unico esponente di governo che abbia sostenuto la necessità di trattare per salvare la vita di Moro. L’autenticità delle lettere è da lungo tempo oggetto di dibattito. Gli esami grafologici hanno sicuramente attribuito la scrittura materiale delle stesse al politico, ma buona parte dell’allora dirigenza politica (soprattutto DC e in generale chi era ascritto alla “linea della fermezza” per chiudere ogni spiraglio alla trattativa) sosteneva che non fossero pensate da Moro, bensì dettate dalle Brigate Rosse. Il parere dei familiari e di diversi studiosi è invece quello di riconoscere pienamente Moro in quegli scritti. Trentotto di queste lettere vennero pubblicate, con una introduzione attribuita a Bettino Craxi, nel pamphlet Lettere dal Patibolo dalla rivista «Critica Sociale».[57]
Durante i 55 giorni di prigionia, Aldo Moro viene sottoposto a lunghi interrogatori da parte del brigatista Mario Moretti. Per ogni argomento, poi, il Presidente DC scriveva di proprio pugno un “verbale” sui fogli quadrettati riempiendo diversi blocchi. Questi documenti, redatti personalmente da Moro e poi dattiloscritti dalle BR durante la prigionia costituirono il cosiddetto Memoriale Moro. La copia originale non verrà mai ritrovata, mentre alcuni esemplari dattiloscritti e fotocopiati vennero ritrovati nel covo di via Monte Nevoso 8 a Milano il 1º ottobre 1978 e il 9 ottobre 1990. Gli interrogatori vennero registrati su un normale registratore, ma le bobine contenenti le domande di Moretti e le risposte di Moro non furono mai ritrovate
Polemiche successive
Il settimanale Panorama, nel numero del 19 maggio 1980 in un articolo dal titolo Perché rubano tanto?, aveva sollevato il caso delle fattorie del senese amministrate dal consigliere di Aldo Moro, Sereno Freato. La polemica fu poi ripresa da Giorgio Pisanò sul settimanale Candido.
Termine della secretazione dei lavori governativi di Aldo Moro.
Ormai i termini di secretazione sono scaduti, e lentamente vengono pubblicati alcuni documenti realizzati durante la sua attività politica.
Nell’ottobre 2014 è stata costituita la commissione d’inchiesta parlamentare, alla cui presidenza si è insediato Giuseppe Fioroni.
ad maiora
G.C.